NAPLEST
Progetti di rigenerazione tra la zona orientale della città e la buffer zone di Pompei

Progetto Strategico per l’Area Vesuviana

Espandere le azioni di rigenerazione urbana dall’area orientale di Napoli ai nove comuni vesuviani della Buffer Zone di Pompei. La sfida lanciata nel 2010 su Napoli Est si rinnova e, dai quartieri di Poggioreale, Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, arriva ad abbracciare l’intera area metropolitana vesuviana e costiera. Nasce così nel luglio 2015 l’Associazione Naplest et Pompei, che raccoglie il testimone di iniziative, esperienze e potenza progettuale messo in campo negli ultimi anni dal Comitato Naplest.

  • YEAR : 2017
  • LOCATION : Pompei
  • CATEGORY : Sviluppo Urbano
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Le mie idee per il rilancio della Buffer Zone di Pompei

di Josep Acebillo, luglio 2017

 

Intervenire con strategie di agopuntura territoriale e con tecnologie disruptive sull’immenso capitale sociale dell’Area Vesuviana per emanciparla dall’attuale condizione di periferia industriale diffusa. E’ questa l’ambizione che anima il “Progetto strategico per il rilancio socio-economico, la riqualificazione ambientale, urbanistica e dell’attrattiva turistica nella Buffer Zone Unesco dell’Area Vesuviana”.
Non esiste al mondo un territorio moderno-industriale, come quello della “Buffer zone”, con così tante vestigia storiche e artistiche di così elevato valore, ma al contempo asfissiato dalla precarietà del contesto.
Non basteranno di certo riqualificazioni di tipo “estetico”, servirà piuttosto una radicale riprogettazione strutturale per porre le premesse di un “Neopalladianesimo” della campagna vesuviana, capace di promuovere una nuova complessità non solo nell”ambito del non costruito, ma anche per incentivare nuove energie fra le diverse centralità urbane in vista di un modello regionale policentrico inserito in un paesaggio socio-culturale di grande qualità.
Le patologie del territorio sono numerose e in molti casi acute, tuttavia oggi ci sono due nuove realtà: la positività della legge 112 del 2013 che prevede un nuovo modello di sviluppo “neo-terziario” per la Buffer Zone, e la propositività manifestata dal settore privato, committente di questo lavoro, per favorire tale trasformazione.


Le ragioni “storiche” di un degrado diffuso
In Europa, numerose aree industriali sono state colpite dalla globalizzazione economica e dalla delocalizzazione industriale. L’Area Vesuviana e in particolare la “buffer zone Unesco” non ha fatto eccezione, avendo però connotazioni socio-geografiche molto specifiche. Va infatti evidenziato che, nei suoi caratteri insediativi, tale area è compressa tra il Vesuvio e il mare con una popolazione di quasi mezzo milione di abitanti. Tale area è stata nel tempo saturata di infrastrutture e di insediamenti industriali fino a condurla a una compattezza tale da aver cancellato la sua matrice territoriale, caratterizzata da un agro erede della “centuriazione romana” e da discontinui resti urbani e rurali di indiscutibile qualità.  Così prossimi alle meraviglie costiere di Capri e Sorrento, non è inotlre facile comprendere come si sia giunti a tale elevato degrado e all’isolamento del sistema costiero. Altro elemento da considerare è il fatto che la vicinanza del Vesuvio, con i rischi che comporta, non ha di fatto limitato il modello di crescita industriale.

Legge 112 e iniziativa privata: strumenti per il rilancio
Contro le patologie territoriali presenti nell’area vi sono attualmente due nuove realtà. Da un lato la positività della Legge 112/2013, nella quale si afferma in modo inequivocabile la necessità di sostituire il vecchio modello “moderno-industriale” con uno nuovo turistico-culturale, definito in questo lavoro “Nuova matrice terroriale, socio-economica Neo-Terziaria”.

D’altra parte, l’interesse e la propositività manifestati dal settore privato, committente di questo lavoro, per favorire tale trasformazione. Se è infatti vero che fu principalmente il settore privato dal XIX secolo a sviluppare l’industria sulla base di nuove infrastrutture promosse dal settore pubblico, è altresì vero che, nel XXI secolo, dovrebbe essere il settore privato, con nuove tecnologie e infrastrutture disruptive, ad assumere maggiore responsabilità nel consolidamento della matrice socio-economica neoterziaria.
Tale progetto strategico indaga sui modi attraverso i quali queste due realtà possono risolvere le patologie territoriali esistenti: un tema di grande interesse disciplinare per definire il nuovo modello socio-economico territoriale, punto di partenza di questo lavoro.

Restituire alla Buffer zone il suo Capitale sociale
Per innescare un percorso di riqualicazione dell’Area vesuviana si deve restituire al territorio il “Capitale sociale” perso nel tempo per la prolungata crisi industriale, incrementandolo secondo una triplice visione:

  • Come Capitale sociale fisso, sostituendo o migliorandole infrastrutture figlie del periodo industriale, oggi obsolete e inadeguate per la nuova economia e l’attività neoterziaria;
  • Come Capitale Naturale, per incrementare la qualità dell’Agro e della costa, in quanto fonti più significative di risorse naturali;
  • Come Capitale umano, ovvere quanto concerne gli ambiti di cultura e conoscenza. In questo caso, inquadrandoli nel ricchissimo patrimonio storico e artistico esistente.

Tale triplice obiettivo non è facilmente perseguibile attraverso gli inadeguati strumenti convenzionali, per cui sono necessari almeno due nuovi strumenti:

  • Nuove tecnologie disruptive nel trasporto, nel trattamento delle acque, nella nuova agricoltura, nella didattica del patrimonio storico e artistico, nel turismo culturale destagionalizzato, etc..
  • Tipologie di progetto aderenti al concetto di “agopuntura territoriale”, che permette la realizzazione di grandi trasformazioni territoriali non di larga scala, basate sulla realizzazione di numerosi progetti di minore entità capaci di rilevantii risultati. Tale modello è essenziale per garantire il coinvolgimento dei Comuni (con adeguati sistemi locali che possono diventare sistemi generali) e il settore privato, non solo con i grandi ma anche con medi e piccoli investitori.

Verso un modello policentrico di sviluppo
Tale progetto strategico si propone dunque un “Nuovo modello regionale policentrico” inserito in un paesaggio socio-culturale di grande qualità.

L´Area Vesuviana non può rimanere una periferia industriale diffusa e continua. In seguito al suo diradamento deve trasformarsi in una “struttura policentrica”: una sorta di arcipelago composto da vecchie e nuove centralità. Si devono generare strutture funzionali capaci di trasformare l’ambito construito. Cosi, le aree urbane consolidate, gli ambiti storico-artistici, il recupero di complessi industriali obsoleti ma di fattibile riutilizzo funzionale, il recupero di beni ecclesiatici e i nuovi clusters che introducono nuovi programmi funzionali, determineranno un nuovo sistema di centralità, con strutture differenziate e gerarchizzate della nuova attività neoterziaria e turistico-culturale.
Le azioni nell’ambito costruito sono necessarie ma non sufficienti per la “qualità” generale e paesaggistica. Non si tratta, infatti, di intervenire con riqualificazioni di tipo “estetico”, ma di una riprogettazione strutturale. Cosi, la promozione e il rilancio di attività agricole tradizionali e nuove, la ricostruzione di alcuni canali idrici, la cui presenza è ancora leggibile, la riqualificazione del fiume Sarno con la fruizione dei cittadini, la fitodepurazione e la laminazione, la promozione di attività di turismo rurale sono tutte azioni che ci permettono oggi di parlare di un “Neopalladianesimo” della campagna vesuviana, capace di promuovere una nuova complessità, non solo nell”ambito non costruito, ma anche per incentivare nuove energie fra le diverse centralità urbane.